Spadone (Zweihander)

Lo Spadone viene chiamato anche Zweihander o Zweihänder in tedesco (più spesso, nei testi, “Schlachtschwert“), oppure Montante in spagnolo e in portoghese. Tutti questi termini designano armi leggermente diverse, ma poste nella stessa categoria di utilizzo. Si tratta di una spada a due mani molto grande e ingombrante, per certi versi più simile a un’arma ad asta che a una spada vera e propria. La punta dello Spadone non è di norma molto acuminata, ma la grande leva conferita dalla sua lunga impugnatura consente di portare colpi potenti. Fornisce un ottimo allungo, ma poca maneggevolezza, per via del bilanciamento, che spesso non è ottimale.

Zweihander Montante Spadone
Due tipi di Spadone tedeschi e uno Stocco telescopico al Museo delle Armi Antiche di San Marino – Ph. Samuele Pareschi

Quello che in Italia viene comunemente definito con il nome generico di “Spadone”, mentre in altre zone d’Europa assume nomi diversi (Zweihänder o Schlachtschwert , Montante, Great Sword), è in sostanza una diretta evoluzione della vera e propria Spada a Due Mani tardo-medievale. Sebbene sia complicato, in alcuni casi, distinguere veramente una grande Spada a Due Mani da uno Spadone, abbiamo alcuni indizi in tal senso per quanto riguarda la morfologia e la trattatistica: tanto per cominciare, maestri come Filippo Vadi e Francesco Alfieri asseriscono che quest’ultimo, posto in verticale, debba essere alto quanto lo spadaccino che lo usa, mentre una Spada a Due Mani dovrebbe arrivare all’incirca al di sotto del suo braccio, o all’altezza delle ascelle.

Si tratta naturalmente di un metro di misura molto soggettivo, dal momento che non prescinde dallo spadaccino considerato; è evidente che in questo modo un combattente molto basso potrebbe classificare come Spadone quella che per un altro, più alto di lui, sarebbe una semplice longsword. Al contrario, per quest’ultimo una Spada a Due Mani usata dal primo potrebbe facilmente ricadere nella categoria che noi classifichiamo come Spada Bastarda. Dal punto di vista funzionale della classificazione, ovvero quello usato dai maestri citati, entrambi gli spadaccini avrebbero ragione.

spadone al museo della guerra di Rovereto
Uno Spadone e una magnifica armatura seicentesca esposti al Museo della Guerra di Rovereto – Ph. Francesco Michiara

Tuttavia, se cerchiamo di ottenere una classificazione più oggettiva, possiamo far ricorso ad alcuni segnali morfologici che potrebbero individuare chiaramente uno Spadone, benché non siano sempre presenti. Alcuni modelli sono ad esempio dotati dei classici “denti d’arresto” sulla lama, cioè due sporgenze appuntite poco anteriori ad un lungo ricasso; anche quest’ultimo, talvolta addirittura foderato in pelle o tessuti per essere afferrato più comodamente, è tipico degli Spadoni rinascimentali più tardi: due fattori che ci aiutano a distinguere l’arma pensata per un uso più prettamente militare, e quindi da classificarsi, di norma, come “Spadone”, o meglio come “Zweihander”: infatti si tratta spesso (ma non solo) di spade provenienti dall’area germanica.

In questi casi, va detto che nelle fonti lo Spadone tedesco si ritrova più spesso indicato con il termine “Schlachtschwert“, ovvero letteralmente “spada da battaglia”, non a caso una terminologia semplice usata anche per altre grandi spade in differenti culture, come il Nodachi giapponese (nome da tradursi con “spada da campo”), che tuttavia non ha nulla a che fare con lo Spadone europeo, al di fuori del simile ambito d’uso.

Reso famoso nel Cinquecento dai mercenari Lanzichenecchi, lo Spadone o Zweihander era in realtà uno strumento attestato un po’ ovunque sui campi di battaglia del periodo, sebbene in percentuali (pare) piuttosto scarse rispetto al resto delle armi impiegate. Sembra che il suo utilizzo principale fosse quello di “aprire” il quadrato di picche o altre armi inastate della fanteria avversaria, grazie ai suoi colpi potenti che avrebbero consentito addirittura di spezzare alcune delle aste. Molti ne elogiano le qualità in altri frangenti, ovvero nel tenere a bada molteplici avversari grazie alle sue dimensioni e – forse – al timore che uno spadaccino esperto poteva incutere usando una Zweihander con movimenti ampi e rapidi cambi di fronte.

zweihander e flamberga al museo di rovereto
Uno Zweihander classico e una Flamberga vicini ad alcune Alabarde al Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto – Ph. Francesco Michiara

La Zweihander, letteralmente “due mani”, è il grande spadone che forse più di ogni altra arma caratterizza i mercenari tedeschi conosciuti come Lanzichenecchi. Benché tragga le sue origini dalla classica Spada a Due Mani dei cavalieri medievali trecenteschi, questa spada assume dimensioni così imponenti e fattezze tali per cui potrebbe essere a ragione considerata un’arma ad asta, più che una spada vera e propria: anche da qui, si evince l’origine dell’altro suo nome, “Schlachtschwert“. La sua lunghezza, spesso superiore a quella del Montante iberico e dello Spadone italiano, così come i denti d’arresto, più comuni nelle lunghe lance, fanno infatti pensare ad un uso più simile a queste ultime sul campo di battaglia.

I mercenari che utilizzavano questo spadone facevano parte di quelli conosciuti come Doppelsöldner, perché a quanto pare erano pagati il doppio degli altri: le loro capacità, infatti, li rendevano guerrieri micidiali, e la Zweihander era perfetta anche per difendere lo stendardo dell’esercito, oltre che per fare la guardia a postazioni strategiche. Questa spada andava continuamente tenuta in movimento e i colpi che menava erano capaci di spezzare picche, fracassare elmi e tenere alla larga un gran numero di nemici.

Lanzichenecchi con katzbalger a due mani

Alcuni reperti e rappresentazioni grafiche di area tedesca del primo Cinquecento raffigurano Zweihander sensibilmente diversi da quelli che siamo abituati a immaginare, nei quali la guardia non è a croce, ma si presenta arrotondata, allo stesso modo di quella della spada chiamata Lanzichenetta o Katzbalger, usata spesso dagli stessi soldati. Non è ben chiaro se questo tipo di guardia sia stata la prima ad essere adottata in tali aree per gli Spadoni di questo tipo, oppure se, piuttosto, non si tratti di rielaborazioni ottenute arrotondando i due lunghi bracci della guardia cruciforme, in modo da ottenere la classica forma serpentina “a otto”.

Quella che invece appare come una vera e propria evoluzione della Zweihander, anch’essa tipica delle stesse zone, è la cosiddetta “Flamberga“: nel lessico comune quest’ultimo termine è spesso considerato intercambiabile con il primo, ma in realtà con esso si intende nello specifico un tipo di Spadone caratterizzato da una lama serpentina, dalle molteplici curve che ricordano, appunto, il crepitare di una fiamma. La forma accattivante di queste lame aveva probabilmente un valore del tutto estetico, dal momento che chi le utilizzava era spesso impiegato come guardia di palazzo, guardia del corpo oppure nelle parate d’onore.

Alcuni rilevano una funzione specifica di questo tipo di lama a fiamma sul campo di battaglia: essa avrebbe reso più facile tranciare le grandi aste delle picche avversarie, come una sorta di seghetto, oppure la Flamberga avrebbe potuto conferire alcuni vantaggi fisici nel deflettere queste armi. Entrambe queste ipotesi sono però tutte da dimostrare, e il fatto che questo tipo di lama si ritrovi spesso su Spadoni particolarmente grandi e dall’elsa oltremodo elaborata, rafforza invece l’idea di una sua funzione puramente estetica. Si consideri inoltre che lame a forma di fiamma, molto simili ma decisamente più ridotte, si ritrovano pressappoco nello stesso periodo su Spade a Striscia (Rapier) chiamate per questo Flambard, e su piccole Daghe da accompagno a esse abbinate.

spadone flamberga alla rocca sforzesca di imola
Una Flamberga esposta al Museo della Rocca Sforzesca di Imola – Ph. Samuele Pareschi
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