Katana

Tipica spada giapponese a due mani, relativamente corta (la sua lama misura tra 60 e 70 cm di lunghezza, paragonabili a quelli di una Spada d’Arme occidentale). Ha lama curva e monofilare. La Katana costituisce un ottimo tagliente, e la sua punta è sagomata in modo da permettere anche una buona capacità di affondo. La guardia rotonda (tsuba), è poco influente in quanto a protezione. Può essere usata senza difficoltà anche a mano singola, oltre che a due mani.

Spada Katana
Katana e lama, separate.

Molti potrebbero pensare che la Katana giapponese non abbia bisogno di presentazioni, ma in realtà sono così tanti gli stereotipi grossolani e i miti cresciuti attorno a quest’arma, che a maggior ragione è importante distinguere la finzione dalla realtà. Considerata attributo distintivo del guerriero Samurai, questa spada rappresenta in effetti un simbolo di appartenenza per l’intera cultura giapponese, tanto da essere chiamata anche Nihontō (日本刀), cioè letteralmente “spada del Giappone”.

La classe sociale dei Samurai per lungo tempo fu l’unica alla quale era legalmente consentito portare armi, anche se ciò non toglie che vi fosse una certa diffusione di spade o armi inastate di vario genere tra categorie al limite della società, come gli Yamabushi (monaci guerrieri eremiti che vivevano sulle montagne), i Ronin (ex Samurai senza più un padrone da servire, che per motivi differenti avevano preferito l’esilio al suicidio), e altre figure come pellegrini o fuorilegge.

samurai horo katana yari

I più sono abituati a pensare a Katana e Wakizashi come tipico corredo del Samurai: la spada più lunga, a due mani, per il combattimento e la spada corta usata per “mantenere l’onore” tramite la pratica del Seppuku. Tuttavia è soltanto attorno al 1600 che le due armi vengono più o meno fissate nella forma in cui siamo abituati a vederle: nei secoli precedenti, il Bushi (武士、guerriero), allacciava alla propria cintura una spada generalmente più lunga e con una curvatura più accentuata della Katana, cioè il Tachi (太刀). Il Tantō (短刀), invece, era essenzialmente un lungo coltello, antenato della Wakizashi.

Le evoluzioni del Tachi, in seguito, daranno luogo a una certa varietà di spade, le quali spesso vengono tutte definite semplicemente “Katana” (刀、termine che, appunto, si traduce letteralmente con “Spada”), delle lunghezze più differenti: un “Ōdachi” (大太刀)、era una grande spada ricurva, mentre il “Kodachi” (小太刀)、una versione molto più ridotta. La differenziazione tra Tachi e Katana è tuttavia ancora discussa, anche perché la maggior parte dei Tachi sono stati riconvertiti in Katana durante il Seicento, l’epoca d’oro della classe guerriera dei Samurai. Per alcuni non vi sarebbe una vera differenza fisica tra le due armi, ma semplicemente una Katana sarebbe stata chiamata “Tachi” quando, allacciata alla cintola del guerriero, la parte della lama era rivolta verso il basso.

La Spada Perfetta Tachi Katana Tanto
Un Tachi e un Tantō – Ph. Samuele Pareschi

Ad ogni modo, ciò che maggiormente ha influenzato la forma della Katana non è stata la funzionalità, ma i materiali usati. Il Giappone è infatti da sempre un paese con scarsi giacimenti naturali di ferro e le importazioni per lunghi secoli sono state limitate. Ecco perché i fabbri giapponesi hanno dovuto ingegnarsi nel corso del tempo, raffinando sempre più la lavorazione del materiale disponibile, fino al procedimento estremamente macchinoso che è diventato quello più o meno “tradizionale”: la sabbia ferrosa viene inizialmente fusa in fornaci per creare un nucleo di lavorazione ad alto tenore di carbonio. Il processo di forgiatura avviene poi per stratificazione, cioè forgiando assieme una barra di acciaio dolce e un guscio di acciaio duro all’esterno, secondo molte modalità differenti.

Il panetto di acciaio così ottenuto viene ripiegato e martellato ripetutamente per un gran numero di volte (il numero differisce a seconda del fabbro, ma si parla anche di 15 ripiegature). Questo processo, del tutto simile a quello svolto per ottenere il cosiddetto “damasco occidentale”, ha lo scopo di eliminare il più possibile le impurità dell’acciaio, rendendo uniforme la percentuale di carbonio nella lama. Il blocco di acciaio viene poi allungato per martellatura fino ad ottenere le dimensioni desiderate, ed inizia la sagomatura per mezzo di strumenti sempre più raffinati.

La parte determinante della lavorazione della Katana è la tempra differenziata: un impasto di argilla, polvere di carbone e acqua (la cui composizione è gelosamente custodita da ogni scuola di spadai), è usato per ricoprire la lama, ma la parte più vicina al filo viene raschiata via. La lama è poi temprata in acqua per più di una volta e, durante questo processo, la Katana aumenta la sua curvatura anche fino a un centimetro. Si può quindi supporre che la curvatura della Katana, con ogni probabilità, non abbia avuto origine da un accorgimento tecnico utile al combattimento, bensì da una necessità del fabbro che doveva far fronte a questo fenomeno durante la tempra.

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Lama di Katana con zone a tempra differenziata ben visibili

Più famosi sono invece i rituali di politura e lucidatura della lama, anch’essi estremamente elaborati, che portano ad avere spade di incredibile bellezza e con una affilatura impeccabile. La Katana è infatti rinomata per la sua capacità di taglio, che tuttavia è stata molto esagerata ad opera di manga e anime contemporanei: per quanto eccellente su questo versante, si tratta pur sempre di una spada ottenuta da materiali non ottimali, per mezzo di una tecnica estremamente ingegnosa, ma non perfetta.

L’operazione descritta sopra porta infatti ad avere un tagliente estremamente duro, ma il dorso della lama, al contrario, rimane molto più morbido; questo risultato veniva ricercato di proposito, dal momento che il grande valore della spada richiedeva che essa rischiasse il meno possibile la rottura. Tuttavia, in questo modo, un colpo poco accurato o un urto contro un’altra lama metallica portano la lama della Katana a piegarsi, senza ritornare nella posizione originaria, come invece accade con la maggior parte delle spade con una tempra più classica.

Probabilmente, proprio per questo motivo gli stili di spada giapponesi si basano soprattutto sull’attacco (Kendo significa letteralmente “la via del colpo”), mentre le tecniche difensive si concentrano sullo schivare i colpi avversari, più che sulle parate. Queste ultime sono comunque contemplate, ma molto meno ricercate rispetto alla scherma occidentale, la quale invece ha uno scopo diametralmente opposto (la parola “Scherma” deriva da “fare schermo”, cioè difendersi ponendo idealmente la propria arma davanti agli attacchi). Gli incontri sportivi di Kendo in effetti tendono a concludersi con pochi, rapidissimi scambi, dopo un lungo e attento studio reciproco, mentre quelli di Scherma Storica di norma hanno una durata maggiore.

miyamoto musashi bokuden dual wielding
Miyamoto Musashi affronta Bokuden.

Degno di nota è il fatto che la Katana sia utilizzabile tranquillamente anche a mano singola, grazie alle sue dimensioni contenute. Il celebre spadaccino Miyamoto Musashi si spinge a consigliare questo tipo di utilizzo, nel suo “Libro dei cinque anelli”, in particolare in coppia con la Wakizashi, la tradizionale spada corta. Un uso molto simile a quello che in Europa, pressappoco nello stesso periodo, veniva fatto di Rapier e Daga, pur con la sensibile differenza che il Rapier viene usato soprattutto di punta, mentre la Katana si trova sull’estremo opposto, preferendo decisamente le tecniche di taglio. In questi casi, Katana e Wakizashi vengono spesso tenute ravvicinate in una guardia avanzata, così da ottenere una maggior copertura nella difesa.

Quando Musashi parla di spade lo fa solitamente usando i termini “spada lunga” e “spada corta”, quest’ultimo alternato alla parola “Wakizashi“. Partendo dai caratteri usati, e considerando anche le spiegazioni che il maestro fornisce del loro utilizzo, si può capire che per “spada lunga” egli intenda “daitō” (大刀), cioè un tipo di Katana della lunghezza approssimativa di 78 cm, mentre la “spada corta” è intesa generalmente come un “uchigatana” (打刀), variante per l’appunto più corta, in alcuni casi non distinguibile da un lungo Wakizashi.

Una certa confusione è comprensibile nel lettore moderno, vista la barriera linguistica e dato che le terminologie usate nel XVII secolo non sono sempre certe; bisogna però tenere a mente un concetto basilare che Myamoto Musashi ripete spesso, nel suo Libro dei Cinque Anelli, ovvero il fatto che l’arma usata non conta tanto quanto chi la brandisce. Lo spadaccino, per Musashi, deve “saper vincere con qualsiasi arma abbia a disposizione”, e deve saper sfruttare ogni elemento per conseguire la vittoria; del resto, dice, è stupido farsi uccidere con una spada ancora nel fodero!

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