Eccoci finalmente all’atteso appuntamento con uno dei temi pop ricorrenti su La Spada Perfetta: le spade nel Fantasy e nella Fantascienza! Già, perché – come ormai sapranno i lettori – il mondo reale non è il solo contesto nel quale ci muoviamo, cercando la spada migliore di tutte. Al contrario, proprio la grande immaginazione di scrittori e registi può fornire talvolta magnifici spunti riguardo a scenari, ambientazioni e tecnologie che potrebbero un giorno essere tirate in ballo anche nella nostra realtà: questo è proprio il caso del mondo di Dune, partorito dalla mente di Frank Herbert!

In questo articolo parlerò non soltanto dell’ultimo film di Dune appena uscito nelle sale (Denis Villeneuve, 2021), ma farò riferimento anche al già famoso cult del 1984 di David Lynch e, naturalmente, all’originale romanzo Dune di Frank Herbert, scritto nel 1965 e capostipite del celeberrimo Ciclo di Dune.
Gli appassionati di spade che si siano appena affacciati all’universo intricato in cui si muovono i personaggi di Herbert avranno sicuramente mille domande, riguardo alle lame impiegate dalle famiglie Atreides e Harkonnen, o dai Fremen sul pianeta Arrakis, come le avevo io: per esempio, da dove arrivano i nomi dei pugnali usati? Le spade del film di Villeneuve sono realistiche, e si avvicinano a quelle pensate da Herbert? Come nascono le arti marziali impiegate nel film? Ma, soprattutto: perché i personaggi di Dune usano delle spade, quando la tecnologia del loro mondo è così avanzata da produrre laser perforanti, pistole a impulsi e bombe atomiche?

Iniziamo proprio da quest’ultima domanda, che è un po’ il leitmotiv di tutti i critici del sci-fi quando vedono comparire una spada sullo schermo (Star Wars ne è un esempio calzante!). La Fantascienza, in effetti, differisce dal Fantasy proprio nella pretesa di essere quanto più vicina alla realtà di un futuro possibile, spiegando le invenzioni più fantasiose con teorie scientifiche o pseudoscientifiche, invece che con la pura e semplice magia. In questo, Herbert è davvero un maestro indiscusso.
Nell’universo futuristico di Dune, migliaia di anni sono trascorsi da quando la razza umana ha popolato le galassie, grazie alla scoperta del viaggio nello spazio-tempo. Quest’ultimo è stato possibile solo grazie al melange, o “spezia”, una sostanza presente soltanto sul pianeta Arrakis, la quale – senza entrare troppo nei dettagli – consente di creare il cosiddetto “effetto Holtzman”, che annulla lo spazio e consente di oltrepassare le soglie dello spazio-tempo. Lo stesso tipo di tecnologia viene impiegato in una serie di invenzioni rivoluzionarie, non ultimo, lo scudo di difesa.

Gli scudi di difesa possono essere tanto grandi da ricoprire un’intera città, o tanto piccoli da venire indossati sotto ai vestiti; essi creano un campo di forza che è impossibile da penetrare per qualsiasi oggetto troppo veloce, sia esso un proiettile, una freccia o un semplice pugno. Quando è invece un laser a entrare in contatto con lo scudo, l’effetto può essere catastrofico, generando una fusione subatomica e quindi una terribile esplosione.
Soltanto oggetti abbastanza lenti possono oltrepassare la barriera di uno scudo Holtzman, ed è qui che entrano in gioco le lame: certo, anche un colpo troppo forte portato da una spada o da un pugnale viene facilmente bloccato dal campo di forza, ma quando si riesce a trovare la giusta via di mezzo è possibile portare un colpo di taglio o un affondo con la velocità adeguata contro l’avversario. Ecco spiegato non soltanto perché ogni soldato che si rispetti nel mondo di Dune porta con sé una spada e un pugnale, ma anche da dove spuntano le particolari arti marziali che vediamo nel film.

Frank Herbert, nel suo romanzo, spiega dettagliatamente come Paul Atreides – il vero protagonista della storia – debba allenarsi a usare la spada soprattutto per distrarre l’avversario con finte e attacchi, mirati a scoprire la sua difesa sulla sinistra, per poi finirlo con la lama più corta del pugnale. “Quando si combatte con lo scudo, la difesa è rapida, l’attacco è lento” – recita saggiamente Paul mentre si allena col maestro Gurney. Si tratta di un’arte marziale estremamente mobile, che porta infine a un contatto diretto in corpo a corpo con l’avversario, per poterlo finire a cortissima distanza. Il regista Denis Villeneuve ha raccontato come abbia dovuto sviluppare tutto un sistema di arti marziali adatto a questo tipo di combattimento, lavorando insieme a coreografi e coordinatori degli stuntman; sembra che si siano basati su sistemi già esistenti come il Rostami, un’arte marziale derivata nientemeno che dall’antica Persia, e impiegata oggi in ambito militare. Il risultato nel suo film è a dir poco spettacolare!

È evidente che in un mondo come quello di Dune le spade sono fondamentali, ma restano pur sempre secondarie rispetto ai pugnali, e devono avere alcune qualità specifiche. Herbert non entra mai troppo nel dettaglio, descrivendo le spade su Arrakis (al contrario di quanto fa con coltelli e pugnali), quindi i registi hanno una certa libertà di movimento. David Lynch, nel suo film del 1984, aveva preferito mettere in scena soltanto i coltelli negli scontri corpo a corpo, realizzando combattimenti anche piuttosto realistici, tutto sommato, ma meno fedeli all’idea del romanzo originale.

Villeneuve ha scelto invece una maggiore fedeltà, mostrando le spade come arma principale dei combattenti della famiglia Atreides. La forma che si è deciso di dare alle loro lame nell’ultimo film di Dune ha suscitato non poche polemiche tra gli appassionati, che le trovano fin troppo scialbe. C’è da dire che, in effetti, con un simile ventaglio di possibilità, ci si sarebbe aspettati di vedere lame più artistiche e curate nei dettagli, rispetto a quelle del film, che assomigliano a dei semplici machete moderni a punta squadrata, oppure a dei fantomatici Ninjatō – una spada che non esiste nella realtà storica, ma che viene spesso rappresentata come una sorta di corta Katana giapponese a lama diritta, impiegata dai ninja in alcuni film di Hollywood.
Tralasciando l’aspetto estetico, le spade del nuovo Dune sono assolutamente realistiche e funzionali al loro scopo. Corte e prive di guardia, sono perfette per il combattimento ravvicinato, l’unico praticabile per via degli scudi: una guardia non ha infatti nessuna utilità in questo frangente; al contrario potrebbe ostacolare il movimento della lama che deve invece sgusciare da un punto all’altro del corpo avversario, al di sotto di braccia, coltello e vestiti. Anche l’estrazione in questo modo è più rapida, requisito fondamentale per chi si ritrovi spesso in imboscate o intrighi di palazzo. Per non parlare del fatto che le armi da fuoco restano un must anche nell’universo di Dune, almeno sulla lunga distanza: in questo, Villeneuve è stato davvero realistico, dato che anche i moderni soldati trasportano al massimo coltelli o lame simili a un machete, quando si trovano in missione.

Come abbiamo visto, il vero principe del combattimento in Dune non è però la spada, bensì il più corto pugnale, che serve a portare il colpo decisivo. Le nobili famiglie come Atreides e Harkonnen hanno ormai familiarizzato da migliaia di anni con la realtà tecnologica dello scudo Holtzman, e i coltelli che prediligono vengono chiamati “kindjal”, un riferimento diretto a un’arma del mondo reale. Si tratta di una daga originaria della Circassia (regione storica del Caucaso), diffusasi anche in ambito turco, ma famosa soprattutto per essere stata la prediletta dai Cosacchi, in coppia con la loro celebre sciabola priva di guardia, denominata shashka.

La lama a doppio filo del kindjal originale aveva lunghezza variabile, talvolta anche superiore ai 50 cm, venendo quasi a costituire una vera e propria spada, simile al Gladio romano. Herbert, tuttavia, fa notare più volte che i kindjal degli Atreides sono corti coltelli, adeguati agli attacchi ravvicinati. Nel film del 1984, David Lynch aveva dotato gli Atreides di daghe simili a quelle tardo-medievali, diritte, acuminate e a doppio filo, mentre le truppe imperiali e gli Harkonnen usavano coltelli con lama in stile Bowie. Villeneuve non si è sbilanciato particolarmente, dando un aspetto piuttosto minimale e in linea con le loro spade ai coltelli delle popolazioni più tecnologiche. La vera differenza viene invece con il sacro coltello dei Fremen, la razza autoctona del deserto di Dune: il kriss.

Il nome del kriss richiamerà ai più quello del noto coltello indonesiano a lama serpeggiante, reso celebre dai romanzi di Salgari. Di certo Herbert deve essersi ispirato proprio a quest’arma, quando ha pensato alle daghe dei Fremen, e questo non soltanto per il nome comune. Proprio come nel mondo di Dune, il kriss originario dell’isola di Giava ha un profondo significato sacrale: esso era ritenuto possedere una propria anima (tuah) che risiedeva nella parte centrale della lama, lavorata in modo da sovrapporre vari strati di metallo. Le venature risultanti sull’acciaio erano così ritenute espressione della volontà divina. Al momento della forgiatura, e poi di nuovo, periodicamente, dovevano essere fatte offerte agli dei in modo da mantenere viva l’anima del coltello. Il diverso numero di anse della sua lama indicava l’appartenenza a un uomo di scienza, oppure a un potente, o a un uomo d’onore.

Non tutti i kriss, però, avevano lama serpentina: i modelli più antichi ne possedevano una diritta e a doppio filo, molto simile a quella che effettivamente sceglie di mostrare Villeneuve nel suo ultimo Dune. Il kriss dei Fremen è al pari un’arma dal significato profondo e non ancora del tutto rivelato: forgiato niente meno che da una zanna del gigantesco Verme delle sabbie, ritenuto dal popolo del deserto una manifestazione della divinità (esso è infatti chiamato anche “Creatore” o Shai-Hulud, dall’arabo: “eterno”).

È evidente come un’arma ottenuta dal dente del Creatore non possa che essere sacra essa stessa, e infatti i Fremen sono molto severi nell’impedire di estrarla dal fodero o persino di vederne la lama a chiunque non si sia reso degno di essa. L’ultimo film ha fatto un ottimo lavoro nel mostrare bellezza e ritualità del kriss Fremen, in particolare per quanto riguarda quello sognato da Paul Atreides nelle sue misteriose premonizioni, che lo accompagnano per gran parte della storia iniziale. Anche i Fremen usano una speciale arte marziale per combattere con avversari armati di scudo, rendendosi se possibile ancora più acrobatici dei guerrieri Atreides, Harkonnen o Sardaukar imperiali.

Concludendo, abbiamo visto come spade e coltelli non solo siano verosimili in un mondo come quello di Dune, ma siano anche necessari e assolutamente adeguati a tutte le diverse popolazioni guerriere che entrano in gioco. Ancora una volta notiamo come la cultura umana influenzi profondamente qualsiasi ambito, reale o fantasioso che sia, persino quando si parla di strumenti pratici e letali come le spade o, in questo caso, i coltelli.
Davanti al capolavoro di Denis Villeneuve – tratto da un altro grandissimo capolavoro di Frank Herbert – non possiamo che applaudire e trattenere il fiato, fiduciosi che il nostro giudizio sarà condiviso da tutti gli amanti del genere, in particolare quelli cresciuti con il mito di Dune ben prima che persino il mondo di Star Wars vedesse la luce con George Lucas, e attendere fiduciosi il sequel, con lo svolgimento della storia di Muad’dib e l’Impero!

Ho adorato il film degli anni ’80 e temo un po’ questo remake…
Sono contento che ti sia rifatto vivo: c’è un blogger che disegna spade di D&D per ogni giorno di Settembre, e ho pensato che ti potrebbe interessare. Puoi trovare qualcosa qui: http://dysonlogos.blog/2021/09/21/swordtember-blade-21-severthread/
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